Le meraviglie di Pompei

Morte e distruzione, la natura che si ribella, che si riprende ciò che è suo, ciò che ha creato ma, che lo conserva intatto, come in un fotogramma, tutto quello che trova sulla sua strada. Questo l’incipit di una eruzione, quella del Vesuvio del 79 d.C., che portò morte e distruzione ma, contemporaneamente, conservando in un unico respiro infuocato tesori di inestimabile valore e di infinta bellezza.

“Bruciore

Poche ore alla distruzione totale. Queste rimanevano, ma nessuno ne aveva coscienza. La vita si svolgeva tranquilla come ogni altro giorno. Mentre comandava che l’impluvium fosse ridipinto, qualche tremore richiamava la sua attenzione, ma sembrava nulla, solamente un capriccio della natura che intendeva farsi sentire. Si la natura venerata come dea, non avrebbe mai potuto voltarsi contro i suoi abitanti, contro chi la venerava. 
Il mercato, le tintorie, i forni, tutto era normale in quello che sarà l’ultimo giorno di vita.
Stefano lascia Fortunata a capo della sua conceria, raccomandando che gli operai dovevano essere controllati, così avrebbero lavorato meglio e di più.
I gladiatori, a riposo, fanno a sorte per chi deve pagare da bere.
Ma la terra, trema ancora, sempre più forte.
Il girono diventa notte, una colonna simile ad un pino si alza dalla montagna, fulmini squarciano il buio, fumo pietre e gas vengono scagliati ad una velocità che nessuno immagina.
Nessuno sa cosa stia accadendo, quali decisioni prendere, ognuna di queste, segnerà il loro destino, la vita o la morte.
Paura e terrore si leggono nei volti di quelli che tentano la fuga. Ma cosa sta accadendo, nessuno ne ha idea. Per troppo tempo la montagna, è rimasta in silenzio, e questo ne ha fatto perdere la memoria.
Plinio, osserva, scrive, pensa, ordina, intuisce. Ma forse non c’è più tempo.
Paura, superstizione, preghiere, ma nulla è sufficiente, il peso grava e distrugge, tutto comincia a sprofondare.
La giovane schiava sulla spiaggia agitava le braccia per richiamare l’attenzione, ma a nulla valse, anche il suo destino era segnato.
Mentre il sole tramontava ad occidente, le vite di tutti erano segnate. 
In quegli istanti drammatici c’è ancora spazio per la superbia, per la fedeltà, per il dolore, per l’amicizia che lega i gladiatori.
Ma nulla a confronto di ciò che sta per accadere. 
Agosto  è caldo  ma la calura aumenta per via dei gas e della immensa nuvola di cenere che ha oscurato il sole. Ognuno tenta le ultime ricerche senza comprendere che più tempo passa più le possibilità si assottigliano.
D’improvviso l’inaspettato, un’onda come acqua di fuoco scende dalla montagna, ne percorre i fianchi, scende impetuosa senza nulla che la possa fermare. 
La schiava sulla riva, si volge alla montagna, quasi in segno di resa, osserva incredula e spaventata, attimi, un bruciore, poi tutto finisce.”

Questo uno dei tanti racconti, mai potremo conoscere  l’angoscia, la paura, l’incredulità di fronte uno spettacolo terrificante che possiamo solo immaginare.

Questo però ci ha consentito di ritrovare una città intatta, fotografata in un preciso istante, conservata gelosamente sotto una coltre di materiale piroclastico che quasi con attenzione l’ha ricoperta. 

Soprattutto, tornando al nostro argomento, la storia dell’arte, ci ha consentito di ritrovare quasi intatti affreschi di una raffinatezza ed eleganza che non avremmo potuto immaginare senza quello che è accaduto. 

Nelle domus portate alla luce, ogni parete è affrescata con effetti prospettici e figure di grande ricercatezza. Le pitture, gli affreschi che, sono stati ritrovati mostrano una elegante e sofisticata padronanza dello spazio, organizzato secondo fantasiose archiettture, e del naturalismo. Le pareti che simulavano i giardini con le stesse piante che erano presenti, gli uccelli, i particolari, lasciano intendere una importate ricercatezza della natura. Dovevano trasmettere rilassatezza, un piacere inebriante a soggiornare in giardino, o nelle camere, studiate per avere una visuale preferenziale sui giardini e oltre. La raffinatezza, la voluta debole energia pittorica serviva a trasmette una pace della casa e in generale, la stessa che invita il visitatore ad accedere, a cercare altro, ad intrufolarsi, quasi sentendosi un intruso per poter osservare, guardare, immaginando chi vi abitava. Le archiettture, soprattutto quelle del secondo periodo, reali, veritiere, raffinate, eleganti, campeggiano i muri della domus per darne profondità, per guadagnare nuovi spazi, che stanno oltre la parete, aldilà delle stesse architetture raffigurate. Scale, prospettive e paesaggi si snodano tra le archiettture come per avvinghiarle, conquistarle, come le spire del serpente laocoontiano che ti guida fra colonne, trabeazioni, capitelli, finestre.

Come diceva Longhi, godiamo dell’opera d’arte.






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