Anastilosi: falso storico o riscoperta del patrimonio artistico?

L'anastilosi, così come definita delle carte del restauro, è la ricostruzione di beni architettonici con l'utilizzo degli stessi materiali rivenuti sul posto, con l’eventuale aggiunta di leganti necessari per la stabilizzazione dell’opera stessa. Questa pratica già utilizzata sin dalle prime scoperte archeologiche, incontra la ritrosia di molti. Innestandosi, di fatto è con le dovute eccezioni, nella diatriba mai risolta tra il restauro di Violet le Duc e la voluta incura di Ruskin (di cui abbiamo già parlato) In realtà si tratta di posizioni ben più distanti, rispetto a quelle citate prima, non fosse altro che per il fatto che questa pratica vieta l’utilizzo  di altri materiali se non quelli rinvenuti. Alla base necessita certamente di uno studio accurato delle rovine, dei pezzi presenti, della possibilità  di ricostruire gran parte del monumento. Analisi accurata va fatta anche delle cause che hanno ridotto a rudere lo stesso che, potrebbero essere una delle discriminati del caso. Differente percezione incontra il monumento abbattuto per sisma (evento naturale), che per questioni belliche. Qualunque sia la causa, comunque, questa pratica incontra pareri differen­ti e contrastanti nella maggior parte dei casi. Il termine è già discriminante in quanto per i più parlare di restauro (conservativo, critico, innovativo, ...) anziché di anastilosi (cosciente che i termini indicano attività differenti) cambia i termini del discorso. Alcuni dei monumenti degli ultimi anni che hanno subito l’incuria (voluta) degli uomini, sono stati in parte ricostruiti con un’operazione di restauro che per certi versi può essere definita senza ombra di dubbio, discutibile, perché ha creato un falso storico (differenze con l’anastilosi da questo punto di vista?), modificando parti strutturali ed architettoniche. Tornando di fatto, alla ipotesi tutta ‘leduchiana’ secondo la quale il monumento deve essere riprogettato e ripensato anche con soluzioni non previste originariamente. (Link all'articolo di prima). Il dibattito rimane comunque aperto in quella diatriba ricca e connaturata negli addetti ai lavori (architetti, archeologi, storici dell'arte) che per dirla come Bonito Oliva, speriamo non producano "mali culturali" anziché  "beni culturali".

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