L’arte sta nella storia, e non può esistere al di fuori di essa.

Più e più volte sono incappato in classi che non avevano sviluppato il senso della storia dell’arte immersa in quella che più comunemente viene chiamata “storia”, si quella geografica, politica e fisica che racconta degli avvenimenti. Lo stesso Eliot diceva “L’arte non è sospesa nel vento”, la frase che da vita a questo scritto invece è di Kemp. Questo connubio così stretto, così intrinsecamente legato, è lasciato invece alla mercé del tempo che non saprà mai ricucirlo. L’arte nasce con la storia, nasce nello stesso istante, nello stesso momento in cui l’uomo ha pensato di cominciare a rappresentare ciò che aveva attorno. Le influenze della storia verso l’arte e vice-versa sono molteplici. L’arte spesso racconta, denuncia, irride, scimmiotta la storia. Nel corso dei secoli, dall’evoluzione della figura dell’artista, dalla sua ricerca di un nuovo posto nella società, questo essere nella storia ha assunto una denominazione sempre più importante sempre più unita fino a non poter parlare di arte senza storia. L’arte è stata, nel passato, utilizzata prioritariamente per esaltare le figure dei re, degli dei, assieme all’architettura ha contribuito a far arrivare ai nostri giorni testimonianze di immenso valore. Penso all’Egitto,
prima ancora ai Sumeri, al Babilonesi, agli Aztechi, per andare avanti all’arte olandese con la nascita del ritratto come elemento autonomo da utilizzare attaccato alle pareti, poi utilizzato dai regnati per le loro dinastie, l’arte utilizzata per esaltare la potenza e lo sfarzo delle corti borboniche, di quelle francesi.
L’arte che poi si fa portavoce del popolo della natura delle leggi della società civile. Saltando qua e la nella storia, penso a, Canova che irride Napoleone, penso a Goya che denuncia i fatti accaduti in Spagna, ancora Picasso con Guernica, non ultimo Pellizza con il quarto stato.
Insomma una storia dell’arte strettamente  connessa a quella della storia “sensu stricto”. La potenza di un regno rappresentata attraverso l’arte, attraverso l’architettura, commisurata alla evoluzione della società civile e politica. Non possiamo parlare di realismo verghiano, di Nedda,
senza che la memoria ci riporti immediatamente a Pellizza da Volpedo (che abbiamo citato prima), per fare solo un esempio. E neanche di consumismo degli anni 70 senza pensare alla pop art con Warol che ne fa un’icona, nemmeno di rinascimento come periodo di grandi sconvolgimenti economici, politici, religiosi e sociali, senza parlare di Giotto che rinnova l’arte italiana, di Leonardo di Michelangelo, della pittura ad olio, la prospettiva. Insomma per ogni movimento culturale, religioso, sociale, politico ne corrisponde uno artistico e architettonico.

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